Vincere le proprie paure in barca e con la barca a vela

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Vincere le proprie paure in barca e con la barca a vela

Scuola Vela Argentario asd
Pubblicato da Marco Ferranti in blog · Venerdì 05 Gen 2024

Salve sailing bloggers e ben ritrovati nella piacevole lettura e discussione del trentanovesimo articolo del nostro blog velico che, un po' inaspettatamente, ha riscosso grandi consensi e successi e ha generato vatlrur domande e curiosità.
Oggi lasciamo spazio e parola scritta alla nostra ex allieva di vela, ora istruttrice, nonché antropologa e amatissima da tutti i bambini più piccoli, Maddalena Bacconi.

Cari amici e amiche veliste,
Oggi vi parlo di un aspetto del lavorare in mare che non sempre si prende in considerazione.


Non so quanti e quante di voi sappiano che nella stagione primaverile e autunnale, da marzo a giugno e da settembre a ottobre, lavoriamo anche con le scuole. Si tratta delle cosiddette “gite sportive”, nelle quali accogliamo scuole medie e superiori. Si tratta di un “target” diverso rispetto a quello con il quale lavoriamo durante la stagione estiva. Per me c’è anche una differenza con l’età, perché in estate porto in barca soprattutto bambini più piccoli, tra i cinque e gli otto anni. Ma quello delle scuole è un target diverso perché spesso questi allievi non sono mai stati in barca prima. Non è detto che le loro famiglie consentano loro di andare in barca, in alcuni casi anche le vacanze non sono all’ordine del giorno. Quest’aspetto comporta spesso il fatto che per loro si tratti di un’emozione forte, completamente nuova e per la maggior parte di loro positiva. Ma non per tutti.

Sicuramente avete sentito parlare di talassofobia. Questa parola significa, letteralmente,  “paura del mare”, che si traduce in una profonda ansia e angoscia. Chi soffre di questa fobia non sopporta, ovviamente, l’idea di poter cadere in acqua perché, come dicono spesso, “non si vede cosa c’è sotto”. Si tratta di un legame con l’incosciente e con tutto quello che non sappiamo di noi, per questo ne soffrono soprattutto nella fase pre e adolescenziale.  I più piccini, d’altra parte, mi chiedono di aiutarli a salire in barca quando la barca è già in acqua perché non vogliono bagnarsi o prendere freddo (o perché sanno che io assecondo questa loro richiesta e il fatto che a me piace viziare il mio piccolo equipaggio di pirati non è tema di quest’articolo). Dopo esser saliti, indico loro dove devono sedersi affinché mantengano l’assetto dell’imbarcazione. Quest’ultima, nel caso in cui non ci sia già onda, comincia a “dondolare” (come dicono loro) reagendo al peso dei loro corpi. E’ davvero difficile che uno di loro si impaurisca, piuttosto ridono e cominciano a chiacchierare o cantare tra di loro. Quando invece ho degli equipaggi formati da ragazzi un pochino più grandi il timore comincia proprio dal momento in cui salgono in barca. Sono temporalmente anche più lontani dalla fluttuazione che viviamo nei nove mesi che trascorriamo nel liquido amniotico prima di nascere. Io glielo dico sempre, “Ragazzi, tranquilli, siamo stati prima in acqua che sulla terra ferma, dobbiamo solo riabituarci, tirare fuori quella memoria antica dentro di noi”. Mi guardano interdetti nel primo istante per poi dirmi “Ah, è vero!”. Ma la talassofobia arriva dopo, quando usciamo. Ora, immaginate una persona che già sente di non avere la stessa “percezione del sé”, con difficoltà nel mantenere l’equilibrio, che ha anche paura del mare.

Mentre scrivo sorrido perché tutti i ragazzi che  avevano paura e che ho conosciuto, sono poi riusciti a superarla. Prendiamo in considerazione anche il fatto che abbiamo molte poche occasioni per avere un contatto con la natura come quello che si instaura in barca a vela. E poi sapete, spesso noi adulti perdiamo un po’ quella saggezza che caratterizza invece i giovani. Bisogna avere un po’ paura del mare, è giusto che sia così. Poi si deve anche imparare a dialogare con quell’emozione e tradurla quindi in un profondo rispetto. Potrei raccontarvi mille storie ma ne scelgo una, che mi è rimasta nel cuore.

Questo maggio ho portato in barca un allievo che frequentava la seconda media. Un bambino che inizia a diventare un ragazzo, insomma. Molto introverso e timido. A malapena mi dice il suo nome e da come sale in barca mi accorgo che è molto intimorito e, ovviamente, (come la maggior parte dei ragazzi delle scuole), non ci è mai salito prima. Cerco di farlo sentire a suo agio. Usciamo, attraversiamo le boe e comincia a tremare. Non riesce nemmeno a guardarmi negli occhi, continua a fissare il mare con gli occhi sbarrati e a dirmi che non ha idea di cosa ci possa essere sotto. “Sai, il mio papà ha anche una barchetta ma io non ci sono mai voluto salire.” Lo metto subito al timone. Mi siedo accanto a lui e gli dico: “Non preoccuparti del mare adesso, né di quello che c’è sotto, non lo scoprirai oggi. Oggi devi pensare a timonare e a far sentire alla barca che sei tu il capitano.”

Piano piano comincia a sentirsi più tranquillo. La mia presenza accanto a lui continuò ad essere fondamentale anche dopo, ad ogni piccolo movimento della barca, che per qualcun altro poteva essere impercettibile, si agitava nuovamente, per poi tornare a calmarsi. Aveva capito che poteva superare la sua paura.

Il secondo giorno mentre stavamo navigando dice: “Vorrei che qualcuno mi facesse una foto mentre sono in barca per farla vedere al mio papà, non riuscirebbe a credere che sono in barca! Sono diventato un marinaio!”

L’ultimo giorno continuò a divertirsi moltissimo. Quando non stava al timone, si metteva a prua aspettando gli schizzi delle onde sulla faccia.

Ci salutammo, salutammo quella classe, ognuno i suoi allievi.

Dopo aver preso parte alla foto di gruppo gli insegnanti diedero, come di consueto, l’indicazione di riprendere ordinatamente le loro valigie, i loro zainetti e avviarsi verso il pullman che li avrebbe riportati a casa. Tornò indietro, corse verso di me, chiedendo scusa alla professoressa e la rassicurò che sarebbe tornato subito. Mi raggiunse e mi abbracciò forte. “Maddalena, non ti dimenticherò mai!”

Non feci in tempo a reagire che stava già correndo di nuovo verso il pullman. Dentro di me pensai che sicuramente io non mi sarei mai dimenticata di lui.

Non c’è un regalo più bello che può farti un lavoro. Non c’è un regalo più bello che può farti un bambino. Non c'è lavoro più bello di quello da istruttore di vela nel mondo. Da un grande potere deriva una grande responsabilità verso i nostri allievi.

Grazie Maddalena, brava e complimenti per la tua testimonianza.
Alcuni di noi sono soliti raccontare ai bambini che hanno un po' di paura che anche Batman, l 'uomo pipistrello, aveva da piccolo paura dei pipistrelli ma dopo, superando con coraggio e consapevolezza i propri limiti e le proprie paure, ha reso proprio quei pipistrelli i suoi amici più fedeli e gli alleati più coraggiosi.
Buon vento a tutti.



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