Vela & Antropologia
Salve a tutti cari amici di mare e sailing bloggers, vicini e lontani e benvenuti nella lettura del nostro nono articolo del Blog. Qualche anno fa fummo contattati da un esponente di un'associazione che seguiva i bambini affetti dal disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività (definito anche DDAI in italiano o anche ADHD in inglese, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder). Questa patologia importante è uno dei più comuni disturbi neurocomportamentali. Si manifesta, nella prima infanzia, principalmente con due classi di sintomi: un evidente livello di disattenzione ed una serie di comportamenti che denotano iperattività ed impulsività. Questo disturbo è considerato ora una condizione eterogenea potenzialmente cronica, che presenta sintomi rilevanti e problematiche associate che vanno a colpire diversi aspetti funzionali della vita di tutti i giorni. Questo esponente ci disse che dimostrazioni empiriche e studi scientifici avevano dimostrato come la vela fosse uno sport molto utile in questa tipologia di malattie e di disturbi. Ci è venuta quindi l'idea di far scrivere questo articolo a Maddalena, una delle nostre istruttrici.
"In quest'articolo vi racconterò una storia diversamente ordinaria. Comincio col presentarmi. Mi chiamo Maddalena, ho 27 anni e sono laureata in Antropologia culturale ed etnologia presso l'Università di Bologna. Mi considero molto riflessiva e in costante ricerca. Amo il mare e qualsiasi cosa mi permetta di approfondire il rapporto che ho intessuto, un giorno, chissà in quale dimensione, con lui. Ed ecco perchè la barca a vela, ecco cosa c'entro io con la barca a vela e con la Scuola Vela Argentario. Due anni fa sono capitata, per una serie di coincidenze, nella spiaggia della Giannella. Stavo bevendo un caffè nel tardo pomeriggio presso lo stabilimento del Tuscany Bay quando ho notato delle barche sulla riva. Spinta dalla curiosità sono andata a vedere. C' erano dei ragazzi che stavano sistemando la carena di una deriva all'altezza della prua e una ragazza che ordinava delle brochure. Quando mi diressi verso di lei per richiedere informazioni sui corsi mi accolse con un gran sorriso e me ne lasciò una dicendomi che avrei potuto anche chiamare qualora avessi avuto bisogno di chiarimenti ulteriori. Incamminandomi di nuovo verso il bar leggevo che i corsi erano rivolti ai bambini e anche agli adulti. Potevo finalmente andare in barca, trascorrere quei giorni al mare in modo molto più stimolante della solita “routine balneare” e avere la possibilità di scoprire se quella della barca a vela fosse un'idea romantica o se potesse concretizzarsi in qualcosa da vivere realmente e a cui appassionarsi.
Quella settimana di corso mi rivelò effettivamente che spesso le sensazioni che si hanno, specialmente quando siamo attratti verso qualcosa, vanno assecondate e rivelano nuovi aspetti del sé. Insomma, a me la barca a vela era piaciuta proprio. Negli articoli interni a questo blog Marco Ferranti dedica spazio alla descrizione della storia della scuola, il suo funzionamento e i suoi obiettivi ma quello che non vi racconta e che nessuno può davvero raccontarvi, è l'esperienza vissuta che si ha all'interno di quel contesto così familiare e genuino. Perchè la peculiarità di quella scuola è proprio quella di essere composta da giovani istruttori che sono stati allievi di Marco e che nutrono verso di lui non solo stima ma anche affetto. Tutto questo lo si respira costantemente in quella porzione di spiaggia, insieme alla salsedine. Per cui, se è forse vero che la barca mi sarebbe piaciuta a prescindere non sono convinta che l'esperienza sarebbe stata così intensa senza l'aspetto umano, senza quelle persone che l'hanno resa unica al punto da farmi tornare l'anno successivo. Avrei voluto finire quella stagione estiva nella scuola, continuando a seguire i corsi di Marco ma purtroppo impegni universitari previamente presi me lo impedirono. Quando andavo in barca mi sentivo bene ed esperivo sensazioni nuove. Quello stare bene in barca era alimentato da una relazione immersiva con il paesaggio dell'Argentario, (di una bellezza genuina e antica, che i romani avevano colto secoli orsono), dove ci si sente il vento e il blu addosso, si sente di poter essere liberi ed anche protetti, grazie alla presenza di istruttori appassionati e preparati. Volevo capire a fondo quali implicazioni fossero state coinvolte nel vivere un'esperienza così benefica dal punto di vista psico-fisico e per farlo decisi di fare ricerca sul “campo Scuola Vela Argentario” per scrivere la mia tesi di laurea magistrale in antropologia del corpo e della malattia, anche chiamata antropologia medica. Nell’immaginario collettivo spesso la figura dell’antropologo è ancora quella postcoloniale, dello studioso di popoli lontani, magari vestito da Indiana Jones. Oggi l’antropologo non solo non ha bisogno di andare lontano ma quello che studia lo vive in prima persona e col proprio corpo e con le proprie emozioni. È il corpo ad essere principalmente analizzato da questa branca della materia, la sua relazione e con il mondo e il modo in cui dal mondo e dalla società è determinato nelle sue abitudini. Ricordiamoci che quello della barca a vela su derive non è solo un’attività ma anche uno sport completo in cui viene formata l’elasticità (anche mentale), l’agilità, la forza e l’equilibrio, solo per dirne alcune. Tutto ciò avviene in un contesto naturale benefico per la nostra persona da ogni punto di vista. Se la biomedicina considera la salute (e non da molto) come uno stato di benessere completo, psicologico, fisico e sociale, l’antropologia medica cerca di riconfigurare i concetti fondamentali di salute, malattia e cura. La salute non è semplicemente assenza di malattia, la malattia non è semplicemente uno stato fisico e la cura, o guarigione, non deve essere intesa come il trattamento di una malattia. Non essendo questa la sede per approfondire questi temi che potrebbero portarci lontano rispetto alla rotta che stiamo seguendo, vorrei solo precisare che il significato di cosa significa prendersi cura della salute del benessere delle persone può essere compreso alla luce della traduzione inglese di “cura”, “care”. Questo termine ha il pregio di essere meno riduttivo di cure, la cui traduzione letterale è quella di terapia che rientra piuttosto nell’esperienza complessiva dei rapporti umani e dello scambio sociale. Care indirizza verso la sfera relazionale. Questo concetto ha accompagnato le mie riflessioni e ha contribuito alla loro formazione durante l’intera ricerca.
Gli istruttori, a terra prima e in barca poi, si prendono cura dei loro allievi essendo presenti per loro, con la loro preparazione e la loro presenza fisica ma anche le loro qualità umane come la simpatia e il buon cuore. Questo è fondamentale per apprendere ad andare in barca. Inoltre, consideriamo anche che la Scuola Vela Argentario è nata nel 2020, in piena pandemia Covid e - come ci ricordiamo tutti benissimo -, le restrizioni sono continuate anche nei mesi successivi. Forse quello che spesso noi adulti valutiamo un po’ meno è che i bambini non sono andati a scuola, che si sono adattati alla nuova formula didattica denominata “DaD”. In questa prospettiva temporale un apprendimento di tipo relazionale, con l’istruttore e con i compagni è ancor più significativo. Per non parlare dei numerosi studi scientifici che confermano gli effetti benefici della vela, che addirittura ha un nome, velaterapia, nelle persone con disabilità motoria, psichica, sensoriale e comportamentale per cui però dovremmo dedicare una trattazione a parte. Ci basti pensare che nella dimensione dell’apprendimento della barca a vela è data loro la possibilità di conoscere una relazione inedita in cui comunicare diversamente da come siamo tutti abituati in una quotidianità che spesso non è pensata per loro. La collaborazione all’interno di un equipaggio, l’ascolto dei propri bisogni e di quelli altrui valica le barriere precostituite e le traduce nell’importanza di sentire, esperire il proprio corpo e le proprie emozioni, che abbiamo tutti, in quanto persone.
L’apprendimento non è un’attività ma un aspetto di tutte le attività che noi svolgiamo.
Quando mi sono chiesta cosa avessi appreso nell’arco di tempo che ho complessivamente trascorso presso la Scuola Vela Argentario ho capito che la risposta non era banale, non poteva essere “andare in barca”. Sicuramente ho imparato ad armare una barca, per esempio so che bisogna anche sempre controllare i perni e le coppiglie, perché non ci si preoccupa mai abbastanza della sicurezza, so stringere il vento e mantenere una bolina, so percepire dal timone se la barca tende ad essere orziera o poggiera, so fare una gassa d’amante. La barca mi ha insegnato l’importanza di essere presente e attenta a quello che accade, per me e per gli altri membri dell’equipaggio, mi ha insegnato che c’è un tempo per uscire, magari con una mano di terzaroli, e un tempo per rimanere a terra e accettare che non uscire quando il mare e il vento sono troppi forti vuol dire essere saggi e coraggiosi, non il contrario. Sembrano questi discorsi retorici e banali, eppure se ci fermiamo un momento e guardiamo il nostro passato sappiamo bene che avremmo dovuto far tesoro di questi insegnamenti, almeno una volta. I bambini cominciano ad apprendere molto di più di quello che sembra quando fanno un corso di vela alla Scuola Vela Argentario. Se il vostro bambino è mai tornato piangendo dopo essere stato in barca è stata sicuramente colpa dell’istruttore che non è stato abbastanza bravo nel farlo sentire sicuro. Se lo avesse fatto si sarebbe divertito e avrebbe appreso valori quali lo stare insieme collaborando e il rispetto nei confronti della natura. E queste sono cose che dobbiamo costantemente ricordare e potarci dietro, anche da adulti. Marco lo scrive chiaramente, l’obiettivo era quello di dare vita a “una scuola per tutti”.
La barca mi ha insegnato quanto tutte le esperienze di vita che facciamo siano determinate dalle persone che incontriamo e che le relazioni di cui siamo parte sono ciò che ci costituiscono nel profondo, che determinano la nostra felicità e la nostra infelicità.
In barca ci prendiamo cura a vicenda, circondati dal mare, quasi come se ci fondessimo con la barca e con quel blu. Smettiamo di abitare terreni prestabiliti, preordinati, e dialoghiamo e giochiamo imparando per ritrovarci, infine, in una dimensione dove stare, semplicemente, bene."
"Uomo libero sempre avrai caro il mare" (Charles Baudelaire)